sabato 22 ottobre 2011

Niente di nuovo sotto al sole di Todi



In una intervista concessa al direttore de La Stampa Mario Calabresi nell’imminenza dell’apertura del convegno di Todi, il cardinale Camillo Ruini ha ribadito che la difesa dei “valori non negoziabili”, come piattaforma per la nascente “cosa bianca” – qualunque cosa sia – è imprescindibile. Difesa della famiglia basata sul matrimonio tra uomo e donna, difesa della vita dal concepimento alla fine naturale, libertà di educazione sono «valori che non vanno imposti alle istituzioni, bensì proposti alle persone. Sono criteri ai quali il cattolico in politica non può rinunciare se vuole essere coerente con la propria fede».

E’ il perfetto riassunto di quello che è uscito fuori dal convegno, un capolavoro di tatticismo politicante e immobilismo programmatico; un disquisire di aria fritta, alla fine, visto che non costituisce affatto una novità. A meno di non considerare come inedito il benservito – assai tardivo – dato al berlusconismo; si, perché almeno un risultato immediato e tangibile il convegno di Todi l’ha ottenuto: seminare il panico tra i pretendenti alla ‘carica’ di rappresentante dei cattolici, dalla Lega fino al PD, tutti affrettatisi – ognuno a modo suo – a confermare l’attenzione del proprio partito alle istanze del mondo cattolico. «I cattolici hanno trovato nel Pdl un partito che ha difeso i loro valori» ha affermato ieri Angelino Alfano, segretario del Pdl «non a chiacchiere o a parole, ma con leggi sulla vita, la famiglia e tutto ciò che attiene ad un sistema di valori».

Un «dibattito culturalmente arretrato di almeno cinquanta anni», per dirla come Giancarlo Galan, ministro della Cultura. Come dargli torto?

Sebbene sia stata negata la nascita di una nuova DC, almeno a sentire gli ospiti occasionali della ridente cittadina umbra, quella di Todi è stata comunque alta scuola di politica: l’opportunismo di abbandonare la nave adesso che sta per affondare (facile, adesso), la tattica di chi nega ripetutamente di voler fare ciò che sta per fare, l’attitudine a chiedere privilegi (a dispetto delle dichiarazioni di Bagnasco) senza chiederli, l’appello per un nuovo governo – ottenuto senza elezioni anticipate – con dentro tutti i partiti maggiori, in tipico stile prima repubblica, rimandano ai decenni bui del medioevo partitico del secolo scorso.

Come conferma anche la presenza tra i relatori di Raffaele Bonanni, segretario della Cisl: ricordiamo quanti segretari di questo sindacato hanno provato a buttarsi in politica, da Savino Pezzotta a Sergio D’Antoni, tutti piazzatisi nell’area cattolica e in alcuni casi fondatori di micro partitini subito estinti. E pensare che questo scivolare nella politica dalla segreteria del sindacato è stato sempre pesantemente rinfacciato ai leader Cgil, da Cofferati in poi.

Dunque, l’obiettivo sarebbe una sorta di «nuovo soggetto culturale e sociale di interlocuzione con la politica» -Bagnasco dixit – e non un nuovo partito a tutti gli effetti (sebbene su questo, nel day after del forum, nel mondo delle associazioni cattoliche non tutti sono d’accordo). E’ uno scenario surreale, grottesco, dove un gruppo di associazioni di varia natura si impegna per fare lobby, per contare di più in politica, come se su questa, fino ad ora, non avessero mai avuto alcuna influenza. O piuttosto è solo un banale riposizionamento nello scacchiere partitico, un movimento -legittimo, ma intellettualmente non tanto onesto da parte di chi deve avere la sincerità e la coerenza come faro – celato dietro speculazioni sui massimi sistemi, come l’uso della parolina magica “bene comune“, dietro la quale, di solito, si nasconde la solita fregatura dell’assolutismo.

Dicevamo che non è chiaro a quali cattolici ha voluto parlare il convegno: quelli praticanti e fedeli al magistero della Chiesa? I cattolici adulti? Tutti comunque – non solo i cattolici ma tutti i cristiani – sono accomunati dalla minaccia del cardinal Bagnasco, che ha ufficialmente rubricato come peccato l’assenteismo sociale. Invito nemmeno troppo velato a praticare il meccanismo dell’ingerenza a tutti i livelli. Chissà che ne pensano i valdesi, ad esempio, che sono cristiani ma non si impongono con ogni mezzo alle istituzioni.

Il fatto è che se solo i cattolici, genericamente come afferma il manifesto del convegno, hanno la ricetta per una “buona politica che è in grado di perseguire il bene comune”, allora noi avremmo ragione di affermare -citando il cattolico don Giorgio de Capitani - che la Chiesa è meglio affidarla agli atei, perché come la politica marcia e corrotta non può riformare se stessa, così questo clero e questo clericalismo attivista, abituati a scandalosi privilegi, non possono proporre ricette salvifiche per il paese, meno che mai valide per la totalità dei cittadini.

Il presidente della Cei Angelo Bagnasco, accolto al suo ingresso al convegno come una rockstar, ha sostenuto che «non c’è motivo di temere per la laicità dello stato» perché «il principio di laicità inteso come autonomia della sfera civile e politica da quella religiosa ed ecclesiastica – ma non da quella morale – è un valore acquisito e riconosciuto dalla Chiesa e appartiene al patrimonio di civiltà». E’ evidente che questo fa a cazzotti con la realtà dei fatti e con la difesa a oltranza dei valori non negoziabili di cui sopra; tuttavia, prendiamo in parola il cardinale, e lo sfidiamo: intendono finalmente lorsignori di Todi e dintorni, dare a Cesare quel che è di Cesare e rinunciare a pretendere dal legislatore che si ispiri unicamente alla loro morale (ricordando, per chiarezza, che la democrazia è cosa ben diversa dalla dittatura della maggioranza, e che la morale troppo spesso confligge coi diritti), e quindi di smettere di considerare la loro etica come l’unica possibile? Intendono rinunciare a propugnare che «non riconoscere la dimensione pubblica [della religione, ndr] è un grave errore», visto che questo non comporterebbe affatto l’estinzione della religione e la libertà di chi vi aderisce?

Perché non basta il «rispetto della libertà di coscienza», come scrive il direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli nel suo editoriale (nel quale, a dire il vero, non manca qualche tono critico nei confronti delle gerarchie della Chiesa) della vigilia del convegno, è indispensabile – ripetiamo: indispensabile – prima di tutto il rispetto della libertà di scelta.

«Sia il vostro parlare: si, si; o no, no: quel che vi è di più proviene dal male» (Mt 5,37).

In ultima analisi quindi tutti costoro dovrebbero rispondere semplicemente e con la massima chiarezza e onestà a questa domanda. Perché altrimenti, cari signori, sareste solo chiacchiere e crocefisso.

Già pubblicato qui.

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